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duminică, septembrie 24, 2023
INSPIRAȚIE ROMÂNEASCĂ

Italiani di Greci. Italiani di Romania.

Trebuie citit

Le montagne di Măcin.Uniche nel paesaggio della Romania.

”Facciamo un inchino”-diceva Geo Bogza,grande scrittore romeno-“davanti a questi anziani d’Europa”,formati nel periodo dell’orogenesi hercinica,cca 300-400 milioni d’anni fa,testimoni muti a tante ere passate…

Qui,tutte le pietre ti parlano.

Ognuna ti parla con il suo silenzio.

Ognuna ha una storia da raccontare.

La sua storia.

La nostra storia.

Perché sono storie che ci uniscono ,e storie che ci separano.

Ed è a queste pietre che si lega la storia d’oggi…

Appena attraversi col traghetto il Danubio, a Braila, t’incammini in una terra nuova…Regione Dobrogea …la strada fluttua sulla riva del fiume che trovi alla tua destra tranquillo e vestito di ninfee bianche e salici che piangono con i rami verso il cielo…Il Danubio, come un vecchio anziano saggio, fluisce verso il suo Delta vestendo la riva ed accarezzandola di storie…Quanto cammino per arrivare qui, sotto le montagne di Măcin ,che troverai alla tua sinistra, sdraiate all’orizzonte, ricche di ricordi e granito. Attraversi la città di Măcin,e prosegui sulla strada nazionale verso Tulcea, il capoluogo della provincia…Ma ti fermi dopo neanche 13 km.

Un’incrocio ed una indicazione: Greci,3km.

Cos’avrà di speciale questo villaggio ? A parte essere un’avamposto di Italia in terra romena? A parte d’essere un pezzo di storia italiana in Romania?

Tornando sul filo della storia, poco più di cent’anni fa, incontriamo un momento difficile per l’Italia, un momento cruciale per la Romania. Subito dopo la guerra per l’Indipendenza(1877-1878),nella nuova Romania , c’era bisogno di forza lavorativa qualificata nel settore dell’edilizia, la lavorazione del legno e della pietra, per la costruzione delle ferrovie, ponti, porti e cantieri navali, grandi edifici pubblici, e varie attività di ammodernamento dell’infrastruttura dello stato romeno, appena uscito dalla guerra, mentre L’Italia stava attraversando un periodo critico dal punto di vista economico-finanziario, nonostante le risorse lavorative qualificate che aveva.

(“Cosa intende per nazione, Signor Ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo vino, Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria. Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?”-risposta di un emigrante italiano ad un ministro italiano ,sec XIX, riportata da Costantino Ianni Homens sem paz).

Eccoci a Greci.

Piccolo villaggio situato a pochi chilometri dal Danubio. Indicato per la prima volta in una mappa statistica austriaca nel 1790, potrebbe essere stato inizialmente un’appendice della fortezza getica Troesmis, costruita più di 2000 anni fa, trasformata in castro romano ed usata come sede delle Legioni 1°Lovia Scytica, V°a Macedonica e II°a Herculia. Menzionata per la prima volta nel “Ex Pontice2di Ovidio (Nasone),come troesmen(accusativo di Troesmes),la fortezza ha lasciato come testimonianze archeologiche mura difensive, canali, due acquedotti, un Mythraeum, ecc. Si vedono tutt’oggi tracce di acquedotti…Nella montagna di Greci. La gente del villaggio chiama “il foro dell’Orso” l’entrata in uno di loro…

Chissà se il destino , dopo quasi due millenni, riporta i figli di Roma sulle tracce dei loro antenati legionari…a Greci…

1878.

La regione costiera della Dobrogea venne unita alla Romania, alla foce del Danubio, fino ai confini attuali della Bulgaria, da sempre una crocevia di popoli e culture, diventando così una terra da colonizzare, da incorporare nella “neonata “nazione(come la chiamava Ion Ionescu de la Brad). Ciò la trasforma nella “California Europea” del momento, e favorisce non solo una migrazione interna ma anche una notevole migrazione dall’estero. Gli italiani furono tra i primi ed essere richiamati dalla promessa di terra e lavoro. Gli emigranti italiani, provenienti soprattutto dal veneto e Friuli Venezia-Giulia, zone estremamente povere del paese all’epoca, diventano parte importante in questo processo in quanto abili ed esperti lavoratori oltreché ,in quanto anch’essi discendenti dell’impero romano, promotori della latinità del paese e pertanto incentivati dallo stato romeno.

Durante il regno di Carol 1°,a Greci, arrivano contadini italiani e lavoratori, della pietra /granito, di cui le montagne di Măcin, Greci erano ricchissime, ma anche muratori e commercianti. I primi, sono arrivati in varie ondate per lo più a carattere temporaneo. Venivano chiamati “le rondini”(in friulano “golondrinas”)perché, per evitare le pause stagionali, i tempi morti(d’inverno, per esempio non si lavorava la pietra; perché il gelo rende impossibile la lavorazione),praticavano la transumanza, che permetteva loro non solo di curare la propria terra, ma anche di mantenere i legami con la famiglia…

I tre chilometri dal indicatore trovato sulla strada che porta a Tulcea , la macchina li mangia in pochi minuti…Entri nel villaggio…La strada tortuosa striscia fra le due file di pioppi fieri che fanno da guardia alla strada da anni, accompagnandoti verso il cuore del paese.

Ti fermi davanti al monumento eretto in memoria ai caduti in guerra ,considerato emblema e l’attrazione turistica. Costruito dagli artigiani italiani del posto (Volpe Benedetto,il nonno di Zia Lizica Fantiniu e di Luciano Stella),due “greceni italiani” che mi hanno aiutato nella ricerca che ha generato il presente articolo),il monumento è il testimone muto di una storia frammentata, quella dell’arrivo e dell’insediamento degli italiani a Greci. Sono i ricordi e mescolanze di memorie …ed esperienze diverse a dare forma e contenuto a questa nostra piccola storia…

Lisica Fantiniu,racconta che il suo nonno, ”nonno Pito” arrivò a Greci che aveva 9 anni, mentre la nonna, Lucia, aveva 9 mesi.

Ma tanti sono arrivati qui da altre parti della Romania, dopo aver cercato altrove fortuna e vita buona. Arrivarono da Cornești (provincia di Iasi),dopo aver lavorato sulle terre del nonno dello scrittore romeno Dimitrie Anghel, dove coltivavano riso. Arrivavano dalle parti di Rovigo. Forse perché la terra e le condizioni climatiche non permettevano la coltivazione del riso, per come dicono alcune fonti informazionali ,o forse perché il nonno di D.Anghel ha perso tutti i suoi averi giocando a carte…cert’è che quest’ultimo non ha più potuto onorare il suo contratto con lo stato italiano ,e tutti i migranti sono andati via altrove.

Alcuni, a Greci.

Dove sono anche rimasti.

Arrivarono per lavorare la pietra.

Erano specializzati in questo lavoro.

Ed era quello che serviva alla Romania, alle nostre montagne, ed alle loro famiglie.

Gli italiani insediatisi in questa regione della Romania diventarono presto conosciuti e ricercati per la loro maestria nel lavorare la pietra. La richiesta sempre maggiore di granito per la costruzione delle infrastrutture della Dobrogea generò così un ampio numero di posti di lavoro nel campo ,e offrì l’occasione di fissare la loro posizione in Romania. Abitavano nei capannoni e costruirono la chiesa (cattolica) in cca 1910, benedetta nel 1912. Hanno messo il campanile nel 1923, racconta Lisica F…Avevano la “baracca” (dove oggi è l’abitazione di Lisica F.) dove organizzavano “Ballo”.

Ci andavano solo italiani a ballare tango, vals, polka ogni giovedì e sabato sera, e la domenica. Attraversavano i boschi a piedi per arrivarci, ma venivano volentieri per ritrovarsi. Il padrone era Barba Michele Barbato (“Barba”- in alcuni dialetti del nord Italia viene usato per nominare uno zio. Questa parola viene anche oggi spesso usata a greci per indicare uno zio ,una persona). Al “ballo” il suocero di Lisica F., suonava la fisarmonica “Cromatica”.

Lisica F. e Luciano S. ricordano versi e canticchiano anche ora quando li ascolto meravigliata ”La violetta”,”…finché la barca va//lascial’andare”…,”O,bella,ciao”, e “Quel mazzolin’dei fiori”…

Canzoni degli alpini italiani che per anni hanno trovato eco tra le montagne di Greci.

In Romania.

Gli anni 30 segnarono un periodo difficile per la Romania. Ovviamente anche per la piccola comunità neonata sotto le montagne di Greci. Nonostante ciò, qui, oltre a lavorare la terra, la fonte principale di reddito era il lavoro nelle cave locali ,e come artigiani. Il lavoro abbondante ed i matrimoni misti ulteriormente possibili offrirono loro maggiori possibilità di affrontare la crisi. Ecco perché molti si stabilirono definitivamente.

Più tardi, la dittatura comunista e le sue politiche sui residenti stranieri obbligarono gli italiani di Greci a prendere delle importanti ed irreversibili decisioni.

Scegliere tra la cittadinanza romena e quella italiana. Molti hanno deciso di partire, altri, la maggioranza, decisero un’altra volta di restare…Furono anni difficili per la comunità .

I ’50.

Il regime comunista voleva la lealtà dei residenti stranieri, e voleva sbarazzarsi di coloro che sostenevano il regime fascista. Si percepivano come attività minacciose per il regime, sia lo scambio di lettere con l’estero, sia anche solo il possedere il passaporto italiano. I preti e gli insegnanti che all’inizio erano stati mandati da Roma, abbandonarono tutti il villaggio. Comunque, più delle volte, il destino degli italiani di Greci, non fu molto diverso da quello degli abitanti romeni del villaggio…Erano gli anni dei numerosi processi alle presunte spie ,ai traditori che cospiravano contro lo stato romeno e per il Vaticano ed i servizi segreti italiani…ma questo unì loro (romeni ed italiani) molto di più ,e la dimensione etnica non fu più un fattore discriminante.

Tanti italiani rinunciarono però alla loro cittadinanza, ricevendo dello stato romeno(dal Re) cca 5 ettari di terra. Per loro è stato molto facile, diventando benestanti, hanno concessionato le cavi, comperato altre terre, animali, hanno aperto delle attività “Băcănia ”//bacano chiamavano gli italiani in dialetto la persona che coltivava terra e cresceva animali //e la birreria dei Sacchetti,oquella della famiglia Rosa ,il mulino di Marocco ,ecc.

Hanno costruito nel paese delle case rappresentative (fam.Boro, Vals ed Ontelus)costruite proprio vicino alla chiesa cattolica.

Perché hanno scelto gli italiani di vivere a Greci? Tanti di loro dicono che sia dovuto al somiglianza con i luoghi da dove arrivavano (Friuli-Venezia Giulia , località montane).Parlavano il dialetto friulano e quello veneto. Negli anni, si è conservato solo quello friulano.

Hanno avuto la possibilità di farlo ma forse la paura di un nuovo inizio ,l’abbandono della casa e di tutto, quanto faticosamente conquistato negli anni, ha fatto sì che molti scegliessero di restare…

Certo che i matrimoni misti, all’inizio vietati, poi permessi perché inevitabili, hanno aiutato ed hanno permesso l’integrazione. La nuora (romena)appena entrata nella famiglia del marito, imparava la lingua, le tradizioni…Tanti raccontano che le suocere erano molto tolleranti, insegnavano alle nuore tutte le cose che più tardi hanno dato specificità anche alla località stessa…Perché gli italiani di Greci hanno portato qui un’intera storia di tradizioni ed abitudini… Gli uomini italiani hanno insegnato a quelli romeni a lavorare la pietra(ecco perché oggi tanti romeni sono ancora esperti in ciò),e le donne, con il cambio di ricette

gastronomiche ,il confezionamento degli “scarpetzi”-(scarpe di tela leggera, di panno di lana o maglia ,pantofole). Ci hanno lasciato anche qualcos’altro:il modo di lavorare la carne di maiale ,tagliato a Natale. Anche i romeni inizialmente più reticenti a queste usanze, ancora tutt’oggi a Natale preparano il”salame”,”osanolul”,”luganiga”,ecc.

Sono rimasti anche i termini con cui si chiamavano i strumenti che si usavano per lavorare la pietra:”poncet”,”mazioll”,”spiz”,”pioda”ecc.

La prima scuola, chiamata Iriddio Mantovani, ha funzionato fin’ negli anni 1938/1939,quando gli insegnanti si ritirarono in Italia, come accennavo prima, in seguito le attività scolastiche si svolgevano all’interno della chiesa.

Gli italiani di Greci, di Romania, hanno vissuto due guerre mondiali…nella prima come rifugiati e tante storie di vita, e nella seconda quando quelli che hanno rinunciato alla cittadinanza italiana sono stati chiamati a lottare per l’armata romena, mentre gli altri ,i “passaportari”(quelli che non hanno rinunciato alla cittadinanza italiana) furono chiamati a lottare per l’Italia(gli uni contro gli altri…paradossale, vero?)

Gli italiani di Greci…per molto tempo considerati romeni diversi,”talieni” e “broscari”(in romeno, broasca=rana ,perciò “mangiatori di rane”)ed in

Italia, considerati romeni, e quindi, per molto tempo si sono sentiti “gente senza paese”…senza identità nazionale…

Sulle montagne che fanno da sfondo al villaggio, si sgorgono ancora oggi le cavi di granito dove hanno lavorato gli scalpellini italiani…tutt’intorno il limitare del villaggio mi fanno vedere dove cent’anni fa sorgevano le “baracche” dov’erano andati a vivere al loro arrivo, e poi ,intorno, le case, gli orti ed i vigneti che si sono costruiti con tanta fatica e fierezza.

Oggi rimangono solo gli anziani che ci raccontano dei loro figli partiti per le maggiori città della Romania in cerca di lavoro…ma molti di loro hanno preso la strada della migrazione di ritorno ,per cercare lavoro nelle città italiane da dove erano partiti i loro trisnonni….

sursa foto: erpac.regione.fvg.it ; personale Vali Ionescu

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